“Piacere, Susan”: gli effetti indesiderati dello smart working
Sul pigiamino a cuori rossi possiamo anche soprassedere, effettivamente è proprio il male minore. Quello che mi turba non poco, guardando e riguardando questa immagine, è tutto il resto. Gobba, doppio mento e capelli diradati, senza contare le improbabili sopracciglia inspessite, le occhiaie profonde e scure, la pelle spenta e una pancia prorompente degna delle migliori abbuffate natalizie.
Eppure tutto questo rischia di diventare realtà. Noi stesse potremmo diventare proprio così, se continueremo a lavorare da casa per i prossimi 25 anni. Lo smart working ha i suoi indiscussi vantaggi: volete mettere la comodità di alzarsi con calma, avere la tazza di caffè a portata di mano, mentre digitiamo sulla tastiera del pc direttamente dal nostro maxi divano, magari in pigiama e a piedi scalzi, rispetto all’incubo della sveglia presto, le imprecazioni nel traffico, il parcheggio che non si trova mai, le scarpe troppo alte e troppo dolorose, quel tubino così stretto che a malapena ci consente di respirare, il trucco perfetto ed i capelli sempre in ordine?
In questi ultimi mesi abbiamo esultato, sperato che questo piccolo mondo parallelo potesse diventare la nostra “zona di confort” perenne, che da qui in avanti si potesse avere finalmente la libertà di non dover più condividere la scrivania con la collega antipatica, sopportare ogni giorno il capo, fissare le pareti grigie dell’ufficio, presenziare alle riunioni infinite.
Se il pendolarismo dal letto al tavolo del soggiorno consente di avere più libertà ed indipendenza, a lungo andare le ripercussioni fisiche e mentali sul nostro corpo saranno devastanti. Un recente studio ha quindi creato Susan, una donna virtuale che mostra gli effetti dopo 25 anni di lavoro da casa. Occhi secchi, macchie sul volto, capelli unti, spalle ricurve, obesità e molto altro. Insomma, un impietoso sguardo sul nostro futuro, se non torniamo alla vita di prima. Siete ancora così sicure di voler restare a casa?