Torna l’incubo lockdown a Barcellona

Torna l’incubo lockdown a Barcellona

I barcellonesi abbassano il livello di guardia, i giovani riprendono con piu’ vigore ad uscire la sera e ad incontrarsi con gli amici, le spiagge della Barceloneta si affollano come non mai, i turisti tornano timidamente a passeggiare per Passeig de Gracia, non tutti indossano la mascherina obbligatoria anche per strada e con la distanza di sicurezza, ed ecco che i contagi in Catalogna subiscono un picco.

Si inizia con Lleida un paio di settimane fa, poi i quartieri a nord di Barcellona ed ora e’ proprio la capitale catalana nel suo insieme che registra il piu’ alto numero di nuovi contagi. Forse anche l’aumento di test effettuati ha fatto registrare molti piu’ asintomatici rispetto a prima, fatto sta che la situazione e’ tornata ad essere allarmante. Tanto che il governo catalano ha deciso di prendere nuove drastiche misure. Il caos pero’ regna: fra il tentativo di fermare la diffusione del virus – che comunque sta portando al collasso una citta’ come quella di Barcellona che vive soprattutto di turismo – e la disperata voglia di ripresa economica.

In settimana i rappresentanti catalani hanno tenuto una conferenza stampa in cui hanno annunciato nuove misure restrittive per cercare di contenere la diffusione di questa seconda ondata del virus. Con queste nuove misure si e’ temuto un altro lockdown e i media internazionali hanno subito rilanciato la notizia. La verita’ e’ che fintanto che il governo centrale spagnolo non dichiara lo stato di allarme, il lockdown non e’ legale e pertanto non obligatorio.

Cosi’ le temute misure inizialmente comunícate dal governo catalano sono state ridimensionate. Dall’altro lato, l’amministrazione barcellonese non e’ d’accordo con certe soluzioni del governo locale che, secondo la sindaca Colau, andrebbero a provocare ulteriori e probabilmente irrimediabili danni a livello economico e commerciale. E cosi’ anche le palestre sono scese in piazza per dimostrare, e per ribadire che senza la dichiarazione di uno stato di allarme continueranno ad operare mantenendo tutte le misure di igiene e di sicurezza gia’ in atto.

Tanto per restare in tema di palestre e di attivita’ sportiva, si calcola che solo la chiusura delle palestre pubbliche faccia perdere al comune ben 5 milioni di euro al giorno, e per questo ora la Colau ne chiede la riapertura.

Ecco che pero’, intanto, si limita ulteriormente l’accesso alle spiagge, si torna al 50% di capienza dei ristoranti, alla distanza di 2 metri fra i tavolini all’aperto, si chiudono di nuovo i cinema e alcuni programmi culturali (che pero’ dopo due giorni dalla conferenza dei rappresentanti catalani decidono di riaprire vista l’illegalita’ dell’obbligo di lockdown). E stessa cosa per lo zoo e il parco dei divertimenti del Tibidabo: chiudono immediatamente dopo tali comunicazioni ufficiali ma ora, non essendoci lo stato d’allarme, chiedono di riaprire.

Le autorita’ sanitarie locali pero’ non smettono di stancarsi di raccomandare ai cittadini di restare a casa e di uscire solo per lo stretto necessario, come fare la spesa, recarsi in farmacia o raggiungere il proprio posto di lavoro. Nel frattempo la polizia ha finalmente iniziato a multare chi, per strada, non indossa la mascherina obbligatoria anche quando la distanza di sicurezza viene mantenuta.

E intanto, il 23 luglio, era la nuova data fissata per festeggiare Sant Jordi, la festa del libro e dell’amore che ogni anno di celebra ad aprile ma che quest’anno a causa del lockdown era stata cancellata e rifissata proprio per questo giorno (leggi il nostro articolo su Sant Jordi qui: https://www.distantimaunite.com/2020/04/19/il-drago-in-quarantena-alla-casa-museo-di-antoni-gaudi-per-la-festa-piu-attesa-di-barcellona/). Per la seconda volta questa festa, che caratterizza la Catalogna e in particolare la sua capitale, e’ costretta a fare dietro front.

Francesca Mei

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