L’allenatore e il maestro
Abbiamo bisogno di maestri, qualsiasi sia la nostra età. Ancor di più ne hanno necessità estrema le giovani generazioni. Abbiamo l’obbligo di imparare e insegnare valori. In Italia ci sono circa ottomila scuole calcio, tanti bambini con sogni e desideri. Genitori entusiasti e con tante, a volte troppe, aspettative e una persona che ha il compito di essere l’allenatore e il maestro.
Rinus Michels, padre del calcio moderno sosteneva che “Si parla di fantasia, autonomia e personalità dei giovani, ma quando mai essi fanno un qualcosa che non sia proposto, o diretto, o organizzato dagli adulti?”.
Ai giovani calciatori, ai piccoli d’uomo, occorre quella figura a cui fare riferimento, a cui chiedere consigli, con cui relazionarsi sotto ogni aspetto.
Sulla panchina calda come il sole e un freddo gelido quasi polare. E guardalo l’allenatore, a bordo campo pronto a cominciare. Determinato nel voler cercare una vittoria che lo può salvare. Con la sua grinta irrompe come un tuono.
Così canta Gianni Morandi. Eccolo l’allenatore, quella figura quasi mitologica, metà uomo e metà maestro di vita. Perché non bastano gli schemi, non è sufficiente studiare. Poi si deve avere e trasmettere una marcia in più, quella della cultura sportiva. Saper vincere e saper perdere, sul campo come nel mondo. Insegnare come fare una giocata, uno scatto ma anche a saper sorridere, a fare squadra e a saper reagire alle avversità.
L’allenatore e il maestro un binomio quasi perfetto, non facile da realizzare. Perché tattica e gioco si possono studiare, ma i valori per prima cosa, devi averlo dentro.
Silvio Crisari, allenatore di calcio a 5 italiano, attuale Commissario Tecnico della nazionale Norvegese di Futsal. Otre ad aver conseguito le massime licenze per il futsal, è anche allenatore professionista UEFA di calcio.
Comincia la carriera da una squadra femminile provinciale romana. Prosegue tra Divino Amore, Ostia Stella Azzurra, Circolo Canottieri Aniene, sette anni alla guida della rappresentativa regionale del Lazio, responsabile di due categorie di età della scuola calcio della As Roma. Tanti trofei vinti: il campionato sulla panchina del Divino Amore femminile, i play off l’anno seguente con l’under 21 dell’Ostia Stella Azzurra, la promozione sulla panchina del Circolo Canottieri Aniene, il titolo come migliore allenatore regionale, due scudetti nazionali consecutivi alla guida della rappresentativa allievi della regione Lazio, secondo posto alla Nordic Cup alla guida della nazionale Norvegese e vittoria del girone di qualifica per il main round dell’Europeo Olanda 2022.
Silvio Crisari ha un bel palmarès di cui poter parlare. Invece la conversazione con lui si incentra, quasi naturalmente, nel rapporto, che ha avuto ed ha, con i bambini sul campo. Un legame intenso ed emozionante, con tante storie da raccontare e raccolte in un magnifico libro, scritto a sei mani. Ne Il rettangolo dei Sogni i protagonisti, appunto, sono i piccoli calciatori, dai sei ai nove anni, con la loro voglia di vivere e sorridere. I loro allenatori ne offrono dei piccoli affreschi, squarci di qualità e virtù.
“Quando mi sono reso conto che storie che a me sembravano normali erano invece racconti straordinari, allora è venuta l’idea del libro. Erano realtà sbalorditive perché riguardavano proprio i bambini, gli uomini di domani, a cui si potevano trasmettere insegnamenti e ideali. Loro, i piccoli, assorbono come spugne. Ogni lezione che viene data la custodiranno per il resto della loro esistenza. E tu diventi una specie di guida spirituale. Sei un maestro di gioco e contemporaneamente un educatore“.
Inserire una corretta disciplina sportiva all’interno di qualsivoglia programma pedagogico potrebbe essere il giusto connubio.
“Ho due desideri, professionalmente parlando. Il primo è creare un ambiente giovane e vincente, perché è proprio nella giovane età che si riesce a lavorare con l’entusiasmo. Diventa uno scambio reciproco: quello che tu dai, ti ritorna indietro amplificato. Ed è quello che mi sta accadendo lavorando in Norvegia. Il secondo desiderio è più articolato. Vorrei riuscire a creare una struttura sportiva, una rete, che parta dai bambini di tre anni fino ai quattordici anni, che astrattamente inizi dalla scuola come veicolo di cultura sportiva e si dirami nelle varie organizzazioni sportive extrascolastische, un continuum di insegnamenti”.
“Vorrei riportare i giovani al centro dello sport e della vita, perché come ha scritto il Presidente del Coni, Giovanni Malagò, nella prefazione del libro il Rettangolo dei Sogni, vedere la vita con gli occhi di un bambino è sempre emozionante. Lontano dalle esasperazioni, facendo dell’aspetto ludico il cardine essenziale di un processo graduale, gratificante, di un’immensità morale ed educativa totalizzante”.
Che differenza c’è fra una partita e la vita, se ci trova soli ad affrontare una sfida. Per vincere non è che basta solo lottare, bisogna dare tutto e potrebbe non bastare. (L’allenatore – Gianni Morandi)
Diceva un allenatore argentino: metto in campo benissimo i giocatori, il guaio è che poi si muovono. (Gianni Mura)
Il calcio e lo sport in generale incarnano vizi e virtù della vita stessa.
Maradona. Immaginiamo un pianoforte che prima di essere suonato dal pianista, debba essere spostato da una stanza all’altra e ben posizionato. L’essenza del calcio per me sta in questo: una squadra fatta di uomini che si mettono, ognuno con le proprie qualità, al servizio della squadra per permettere al campione di mostrarsi nel proprio talento. Diego Armando Maradona su tutti. Questa regola del calcio mi piacerebbe applicarla anche nella vita di tutti i giorni, in un modello virtuoso di lavoro, dove ogni individuo con le proprie capacità e responsabilità si impegna per raggiungere l’obiettivo e poi c’è il talento che finalizza tutto.
L’importante non è vincere ma partecipare. Con Pierre De Coubertin, padre dei Giochi Olimpici moderni, si è tramandata la frase che l’importante non è vincere ma partecipare, in realtà lui intendeva che per vincere ti devi iscrivere! Questo è il precetto che dovrebbe valere per tutti noi: se vuoi avere una speranza di vittoria, quale che sia il campo, devi iniziare col partecipare alla competizione, bisogna agire con lo spirito giusto.
E poi si può vincere o perdere, perché l’importante non è sbagliare un calcio di rigore ma tirarlo! Questo insegna l’allenatore e il maestro.
A mio padre devo la vita, al mio maestro una vita che vale la pena essere vissuta. (Alessandro Magno)