Giovani e possibilità nel 2020: lo specchio delle incapacità degli adulti?
La Giornata Internazionale delle capacità dei Giovani, istituita dalle Nazioni Unite nel 2014 sicuramente con le migliori intenzioni (valorizzare il potenziale non sfruttato di milioni di giovani e per ricordare quanto sia fondamentale garantire istruzione, opportunità e competenze) ci costringe a soffermarci sulla situazione attuale del mondo giovanile, senza nascondere che fa acqua da tutte le parti e che è fondamentalmente lo specchio delle incapacità di quegli adulti che non riescono a dare una prospettiva di futuro adeguata.
Se vogliamo parlare di colpe, sono diverse e sparse tra famiglie, governanti e tutti coloro operano nel settore dell’istruzione. Sono tutti mestieri difficili, ma qualcuno dovrà pur farlo, no?
La vena polemica mi nasce a causa di una conversazione avuta con due genitori che manderanno la loro figlia a studiare in università privata (scelta che condivido, soltanto perché sono università legate realmente al mondo del lavoro, e se uno è bravo al 90% arriva a lavorare in aziende importanti), ma che sono docenti in università pubblica e che si sono meravigliati a sapere che fossi d’accordo sulla loro scelta e mi sono sembrati non avere assolutamente la cognizione di quanta difficoltà una laureata in università pubblica potesse avere avuto ad entrare nel mondo del lavoro, soffrendo anni e anni di precariato.
È della settimana scorsa il “Manifesto dei Giovanissimi” realizzato da Unicef che ci sbatte in faccia come si sentono gli adolescenti oggi.
Al sondaggio che ha come focus la soddisfazione per la propria vita, le relazioni interpersonali, il benessere economico, la sfera della scuola e del lavoro, l’ambiente e la salute, hanno risposto oltre 2.000 giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni. I partecipanti sono risultati soddisfatti in generale della loro vita, ma preoccupati per la sfera economica e della salute.
Negli stessi giorni è stata divulgata la relazione annuale di AGCOM che ha un verticale sulla didattica a distanza attuata durante la pandemia che svelano l’insuccesso dell’operazione dal punto di vista sociale e educativo.
Dalla statistica risulta che il 12,7% degli studenti non ha usufruito della didattica a distanza durante l’emergenza legata al coronavirus e che oltre 10 ragazzi su 100 sono rimasti esclusi dal processo educativo. Questo è avvenuto per varie motivazioni: mancanza di dotazione tecnologica adeguata (25 studenti su 100 lamentano problemi di velocità della connessione da casa), incapacità dei docenti (10 studenti su 100 rilevano che la scuola non ha attivato tutti i corsi/materie previste), contesti familiari complessi (quasi 14 studenti su 100 lamentano di non avere spazi sufficienti in casa senza arrecare disagio ad altri familiari).
Questa situazione deve essere costantemente monitorata, deve renderci tutti più responsabili. Spero in quelli che da questa gioventù sono usciti da poco e che hanno figli, perché forse hanno consapevolezza e attaccamento maggiore.