Tutte le tue prime volte
Ogni prima volta, nel bene e nel male, rimane memorabile, che sia il viaggio desiderato in una nuova città, la conoscenza di nuove culture, l’assaggio di quel piatto sconosciuto o anche l’inizio di un amore.
Qualsiasi cosa ci appaia come nuovo ci rimarrà nella memoria, sarà stessa la novità tante volte che stuzzicherà la mente a ricordare quell’evento.
E se nella vita da trentenne avanzata ne hai provate di ogni, ti rendi conto che quando metti al mondo un figlio è come ripartire da zero.
Come una vecchia macchina da scrivere Olivetti, anche senza mettere un punto prende e va accapo, senza neanche avvisarti.
Un figlio, soprattutto nel suo primo anno, affronta tutto quello che avevi dimenticato, con uno sguardo alla vita che è una sorgente di ottimismo e positività.
Le sue giornate sono una continua scoperta e tu ne sei trasportato all’interno in una centrifuga di emozioni. Perché anche se è lui l’attore protagonista di tutto questo, tu ne diventi comparsa in ogni scena.
Ti fa indossare delle lenti speciali, dei filtri ottimizzanti che non ti faranno vedere meglio o più magra – magari – ma ti faranno osservare la vita con uno sguardo nuovo, leggero, colmo di conquiste quotidiane che sanno di banale ma che riempiono il cuore. Le colonne sonore saranno un “du-di-da-da” continuo e non è il duetto di Minghi/Mietta in “trottolino amoroso” ma è la scoperta di sillabe nuove che ripeterà all’infinito.
Una volta mia figlia ha detto: “Ba ba ba” … almeno 20 volte in 3 ripetizioni. Lo ha fatto guardandosi le mani (altra scoperta) o con l’indice ispezionandosi ogni angolo della bocca, con onomatopee che più che “baaa” sembravano primi segni di conati di vomito.
Insomma tutto una novità.
Il suo primo Natale: il rosso che primeggiava ovunque in cui scopriamo essere il suo colore preferito. Lo sguardo che fissava gli addobbi e le luminarie e ad ogni intermittenza andava quasi a ritmo con gli occhi. Come quando nei suoi primi viaggi in autostrada entravamo in galleria, le luci interne le illuminavano il volto incuriosito, luce/buio/luce/buio le facevano sgranare gli occhi per poi rimanere accecata all’uscita dall’intensità del sole.
Il suo primo bagnetto, la visita del pediatra, le sue prime pappe dopo mesi di latte, come poter dimenticare quelle espressioni di pieno disprezzo, la lotta eterna tra lei e il padre all’ultimo schizzo mentre tentava di mettere le mani nel piatto (tenta ancora oggi).
Il suo primo dentino che spunta timido, e ti accorgi della sua esistenza mentre ti azzanna un dito – ma non c’erano solo gengive? – Iniziare a gattonare mettendole come meta il tuo iPhone, unico oggetto che possa interessarle tanto da valere la pena di un letto matrimoniale di “gattonaggio”.
Un giorno la metti nel box tra i suoi mille giochi preferiti e te la ritrovi in piedi appesa alle maniglie, con il viso spiaccicato alla rete per sorreggersi come i più brutti ladri con una calza a fargli da passamontagna, e con le gambine che non hanno la forza di riposizionarsi e rimangono immobili così, in quella posizione innaturale che assumi quando ti hanno occupato il bagno per 10 min e tu devi fare tanta “plin plin”.
Per poi cadere di sedere su quel pannolino che da lì a breve avrebbe attutito tante di quelle cadute.
Che mondo eccezionale che vedono i bimbi, il loro sorriso soddisfatto dopo una conquista e tu più soddisfatta di loro a guardarli con viso sognante e ad incitarli come se fosse lo sprint finale dell’ultima tappa del “Tour de France”.
Tante volte mia figlia si gira, sorride, e smette di fare ciò che stava facendo, forse riderà di me e della madre buffa che le è capitata, quella che la incoraggia sempre, stesse facendo anche la cacca, quella che le fa le smorfie anche per rendere più accettabile un cambio pannolino o un boccone meno buono di passato di lenticchie, quella che l’accarezza fino allo sfinimento prima di un vaccino, per cercare di tranquillizzarla o forse è solo un modo di tranquillizzare sè stessa o che coinvolge papà in un ballo di gruppo per farla smettere di piangere mentre inventa le parole delle sue filastrocche preferite che per noi sono ormai noia assoluta, o semplicemente per scaturirle quel sorriso, il più bello mai visto, di cui ormai da nove mesi siamo dipendenti!
Continuo a scattare foto anche simili in ogni momento del giorno, perché il tempo scorre veloce e anche mentre dorme, anche se lo fa sempre uguale, con la stessa espressione e più volte al giorno, la guardo io stessa con occhi nuovi e mi sembra sempre più grande.
Con un figlio si inizia a guardare in modo diverso anche qualcosa di vissuto, di visto, ma ti regala la magia del nuovo.
Di tutte quelle prime volte da vivere insieme, e tu sei uno spettatore in prima fila che grazie a Dio ti godi lo spettacolo; quel suo stupore dell’affacciarsi alla vita, del banale che diventa inatteso, del comune che diventa straordinario.
Per ogni madre suo figlio è quel qualcosa di straordinario che le stravolge i giorni e l’esistenza che stravolge sé stessa, anche se è il più naturale dei rapporti dalla notte dei tempi.
E non c’è altro aggettivo che possa sintetizzare al meglio tutte le mie prime volte con te: “meraviglioso”.
Emanuela Impieri