A Milano sola è indipendente
Andare in bagno in due. Per anni questa mi è sembrata la cosa più ovvia e necessaria dell’esistenza. Era così a scuola: “Prof, possiamo andare in bagno?”. Era così in giro, per locali. Io e l’amica di turno, ci si muoveva in coppia per espletare i bisogni. Abitudine questa che suscitava curiosità nei maschi della classe, del gruppo. E in effetti non ho ricordo di compagni di classe o amici maschi che andassero al bagno assieme. Ripensandoci l’utilità di farsi accompagnare non c’è. Anzi, a volte è stato anche fastidioso. Intanto perché in due nel bagno della scuola o anche dei locali non ci si sta. E poi perché rischi che per portare a compimento la missione passino minuti: farla sotto gli occhi della tua amica non sempre è immediato. Se hai una vescica timida è un problema. Eppure per anni è andata così.
Il preambolo dal sapore adolescenziale per dire che se prima sola non andavo manco al bagno, ora sola posso fare e faccio tutto. Sono poche le cose che restano fuori dalla lista “sola puoi”. Tipo andare in gelateria e mangiare un gelato. Questo forse mi mette tristezza e non l’ho ancora mai fatto. Una rinuncia dolorosa perché io sono una mangiatrice di gelati qualificata.
Ma l’elenco dei “ce l’ho” è nutrito e pronto a crescere. A volte ci penso: quando ho cominciato a non chiedere a qualcuno di accompagnarmi da qualche parte o a fare qualcosa? Non so quale sia stato il momento esatto, ma so cosa mi ha spinto a compiere questo passo e non smettere di camminare in quella direzione. E’ stata la voglia di non rinunciare. Non rinunciare a un cinema, a un concerto, a un evento, a una passeggiata, a una gita fuori porta solo perché in quell’occasione nessuno poteva o voleva esserci.
Questo che oggi a Milano mi sembra normale, ieri a Trapani non lo era. Era più vicino a un atto di coraggio semmai. L’autonomia corre il rischio di essere scambiata per solitudine. “Ma vai da sola???”. Incredulità e stupore davanti alla mia scelta di andare, una sera, al cinema in solitaria. Che poi al cinema, al teatro, a un concerto non conta se il posto accanto è occupato da un tuo amico. Se chiacchiera, mastica, commenta durante lo spettacolo l’amicizia per me può anche finire lì. Perciò, anche per evitare di chiudere rapporti importanti, ho imparato ad andare da sola.
In quella lista lì, “Ivana per l’autonomia”, c’è anche “bere un bicchiere di vino in un’enoteca”. Sono in giro, mi va un calice e in zona c’è un locale che mi piace. Ok, mi fermo, entro, ordino e prendo posto. Mi godo la mia scelta. Senza imbarazzo, senza paura del giudizio. C’è solo grande soddisfazione, un gusto di libertà e autosufficienza impagabile. Sapere che non devo privarmi di niente solo perché in quel frangente non sono in coppia o in gruppo è una conquista. Ecco, forse il regalo che Milano mi ha fatto è stato proprio questo. E’ una città che ti insegna a fare rete, ma anche a pescare dentro te stesso lo stimolo per agire, per muoverti. O almeno è quello che ho imparato io. Ed è successo in un posto in cui sono nati legami importanti, profondi. Amicizie e storie mature e autentiche.
E infatti questa abbuffata di indipendenza non mi ha certo tolto la voglia di cercare l’altro, anzi. Prendo il telefono e chiedo di accompagnarmi se gli va. Ma senza la paura che mi dica di no e senza che questo comporti per me una privazione perché tanto io vado lo stesso.
– Un cono cioccol…
No, non ce la faccio.