Darci un taglio…ma non troppo
Mi reputo sufficientemente coraggiosa. Almeno fin quando non varco la soglia di un parrucchiere. Lì dentro mi sembra che possa accadere davvero qualcosa di brutto, di irreversibile e vorrei dirgli di farmi solo uno shampoo veloce senza maschera ché ci ho ripensato, a pettinarmi i capelli deve essere soltanto il vento.
Vado solo quando è strettamente necessario, cioè quando sono trascorsi almeno due anni dall’ultima volta e ho le punte che si diramano come le linee della metro di Londra. E a quel punto sogno di cambiare look, inizio a guardare su internet immagini digitando “tagli medi ricci”. Mi dico che potrei osare anche con una frangia sbarazzina. Ma poi viene in mente Maria Schneider in “Ultimo tango a Parigi” e allora penso che magari per stavolta ci concentriamo solo sulle punte. E’ andata così anche venerdì 19 giugno, quando sono entrata nel salone dove di solito vado a fare solo la ceretta. Sono entrata ma con intenzioni meno drastiche rispetto a quelle che manifesto alla mia estetista.
Sulla fase shampoo sono abbastanza serena, è tutto sommato un momento in cui posso rilassarmi. La temperatura dell’acqua è perfetta, la ragazza ha un tocco delicato ma deciso, e si sbizzarrisce a spalmarmi sui capelli qualsiasi tipo di prodotto. Lo percepisco dai profumi. In tre minuti ho attraversato campi di lavanda, piantagioni di fiori di cotone e distese di agrumi. Se scuoto la testa profumo l’ambiente. Ma non sono certa che queste maschere districanti compiano il loro dovere a pieno. Perché sento che si sta accanendo con un pettine a denti strettissimi su un nodo. Non mi procura alcun fastidio però, perché il dolore proviene da altro. Esattamente da quello che vedo lì, davanti a me. Si siede a un certo punto una ragazza con i capelli che richiamano la maglia dell’Inter. Vuole ravvivare il blu, non il nero. Non riesco a non guardarla. Lei, ai miei occhi, più che l’incarnazione della Fata Turchina è quella del coraggio. Sono ipnotizzata e continuo a fissarla e per farlo devo aver sollevato troppo la testa perché la ragazza che mi sta lavando i capelli mi chiede gentilmente di rimettermi giù.
La tensione sale quando mi accomodo davanti allo specchio. Sono ancora in tempo per chiedere una semplice piega e andarmene con i miei capelli. Ma mi faccio contagiare dall’audacia che aleggia in quel posto. E sono pronta a correre il rischio. Mi siedo come Rapunzel e mi alzerò Fantaghirò. Perché è così che può finire se pronuncio le parole: “Giusto le punte”. Per compiere questa follia mi hanno mandato il boss. Sembra incazzato o forse è solo molto frustrato, perché sa già che non gli darò grandi soddisfazioni. Impugna le forbici, non posso tornare indietro. Inizia a prendere le misure, raccoglie le ciocche con violenza, tratta i miei capelli come se non fossero attaccati alla mia testa. Sono tesa e lo vede, infatti mi propone un caffè. Rifiuto. Temo voglia addormentarmi per farmi un caschetto.
Una volta asciugati sono praticamente come prima, solo più corti. Un giorno avrò l’audacia di cambiare anche la forma, ma non oggi. Già che ci sono provo a prendere appuntamento con l’estetista. Ha un calendario pieno da qui a luglio, sì, dell’anno prossimo. Bene, vorrà dire che quest’estate al mare di corto avrò solo i capelli.