Le rovine sono un dono.
“…un amico l’altro giorno mi ha portata in un posto sorprendente, l’Augusteo.
E’ uno dei posti più silenziosi e solitari di Roma.
La città vi è cresciuta intorno durante i secoli… è come una ferita preziosa, come una tristezza a cui non vuoi rinunciare, perché è un dolore troppo piacevole.
Tutti vogliamo che le cose restino uguali, David, accettiamo di vivere nell’infelicità perché abbiamo paura dei cambiamenti, delle cose che vanno in frantumi, ma io ho guardato questo posto, il caos che ha sopportato, il modo in cui è stato adoperato, bruciato, saccheggiato, tornando poi ad essere sé stesso, e mi sono sentita rassicurata. Forse la mia vita non è stata così caotica, è il mondo che lo è,
e la sola vera trappola è restare attaccati a ogni cosa.
Le rovine sono un dono.
La distruzione è la via per la trasformazione.
Anche in questa città eterna l’Augusteo mi ha dimostrato che dobbiamo essere sempre preparati ad ondate infinite di trasformazioni.“Mangia, prega e ama
Elizabeth Gilbert
“Le rovine sono un dono” – credo sia stata la frase che più mi sono ripetuta negli ultimi anni. A ben pensarci gli ultimi anni della mia vita sono stati caratterizzati da continui cambiamenti, alcuni dei quali vestiti veramente di rovine.
Avevo un lavoro, una gabbia dorata che mi teneva al sicuro da ogni pensiero e problema, un posto fisso che ogni mese mi faceva guadagnare quel tanto che bastava per fare la mia bella vita senza pensare troppo al domani. E sembrerà strano dirlo, ma per quanto tutto fosse facile, non ero felice, eppure accettavo l’infelicità per la paura del cambiamento.
Avevo una relazione amorosa stabile: un uomo al mio fianco con il quale programmare e progettare, una persona vicino a me con cui mi svegliavo ogni mattina e addormentavo ogni notte. Una casa insieme, le vacanze, i viaggi, la spesa della domenica, le discussioni, i chiarimenti, i nostri momenti e i momenti nostri. Avevo una relazione stabile, o almeno così pensavo fosse, la verità è che di stabile non c’era niente, ma non avevamo il coraggio di ammetterlo, a noi stessi e all’altro.
Poi le rovine: quella gabbia d’oro è marcita, lasciandomi allo scoperto, senza protezioni, senza leggerezza, senza facilità a cui aggrapparmi. Senza orari, senza stipendio, senza nulla. Con una paura ancora più grande di quella che mi metteva l’idea del cambiamento.
Quell’amore che pensavo eterno si è rivelato essere quanto più nocivo per la persona che sono e quanto più lontano dal mio concetto di amore. Ha lasciato dei buchi dentro di me ancora incolmabili, mi ha disintegrato il cuore, mi ha abbandonato in mezzo a una strada che all’improvviso si è fatta tortuosa e dissestata. Mi ha lasciato sola.
La vita, a un certo punto, è diventata un rovina.
Eppure, da quelle rovine sono ripartita e da quelle rovine sono rinata.
Spinta dalla forza di sopravvivenza all’inizio. Alimentata dalla voglia di vita dopo. Ho capito che una vita vissuta nell’infelicità o meglio ancora nell’insoddisfazione non merita di essere chiamata tale. Che se la nostra felicità non dipende solo ed esclusivamente da noi, per il nostro essere soddisfatti invece possiamo fare ben più di tanto. Mi sono confrontata con il mondo del lavoro facendo colloqui e scoprendomi più capace ed ambiziosa di quanto mai avessi pensato, e so per certo di non essere ancora arrivata al mio punto di fine, ma ho iniziato a muovere i primi passi verso ciò che voglio.
Ho capito che stare con una persona per la paura della solitudine è quanto più di svilente possa esserci per noi, per chi ci sta accanto e per quel sacro sentimento chiamato amore. Che sempre questo stesso amore non ha nulla a che vedere con l’insicurezza, con chi cerca di svilirti – come donna ed essere umano – per sentirsi in qualche modo migliore. Che l’amore non annienta, al più trasforma, ma non deve radere al suolo la dignità e il rispetto di nessuno. Che ogni cosa fatta va avvolta da un senso, da un valore, da un perchè, e se questo non si trova, allora forse non è la strada giusta da percorrere, e senza remore e senza paura abbiamo il dovere e il diritto di guardare altrove. Ho imparato che la solitudine alle volte può diventare la nostra miglior compagnia, che alle volte si veste più di valore che di mancanza, e che si trova alla base di ogni rapporto sociale.
Ho imparato a guardare le cose con il tempo: le rovine si vestono di cumuli di macerie nei quali ci vediamo totalmente disintegrati. Si vestono di disperazione. Di rabbia. Di forza di sopravvivenza. Di volontà e voglia. Di occasioni. Alla fine: di vita.
E allora si, lo posso dire: le rovine sono un dono.