Niki Lauda chi? Vi dico come guido io
Avviso che la lettura di questa pagina non è adatta a tutti. Consiglio caldamente a Presuntuosi, Arroganti, Egotisti tutti provvisti di patente di guida, in una parola UOMINI, di astenersi da questa lettura. Perché non capirebbero, non accetterebbero e scuoterebbero il capo in segno di dissenso verso il mio racconto-verità.
Da adesso in poi comincio, se avete deciso di restare dovete rilassarvi e lasciarvi guidare ché vi porterò alla fine della pagina sani e salvi.
IO GUIDO BENE. MA BENE DAVVERO.
Ed è anche una cosa che mi piace fare. E sento che piace anche alla macchina come lo faccio.
Ma partiamo dall’inizio. E’ stato il mio primo mezzo di trasporto dopo la bicicletta. Non ho avuto un’adolescenza con lo scooter perciò compiuti i 18 anni a dicembre la prima cosa che ho fatto è stata iscrivermi alla scuolaguida. Sì, non avrei studiato da esterna e ho preferito questa strada. Non ero un fulmine di guerra con i quiz. La teoria non è stata una passeggiata, però andavo forte sulla soluzione degli incroci. Non ne sbagliavo uno, la regina delle precedenze. Comunque dopo un mese di “quattro errori” arriva il momento di fare l’esame. Il bello di questa situazione è che ti ritrovi in un’aula con coetanei tuoi e con coetanei di tuo padre. Gente che tra poco la macchina deve parcheggiarla una volta per tutte e invece ancora vuole imparare a portarla. Comunque il mondo è bello perché è vario, il traffico meno, perciò io a qualcuno attempato eviterei di dare questa chance. Ad ogni modo, siamo tutti lì. Ci sono io con un’ansia tale da non ricordarmi se al rosso si parte o ci si fermi e c’è il ragazzo accanto a me che ha già assunto la posizione da guidatore coatto, con il braccio fuori dal banco: prove tecniche per quando lo avrà fuori dal finestrino. Arriva il test e partiamo. E’ strano, ci sono domande che non avevo mai incontrato prima, ma in quel momento non ho la freddezza di capire. Perciò metto crocette e consegno. Superiamo la prova quasi tutti e mentre siamo lì giubilanti noto che il mio insegnante dell’autoscuola si avvicina all’esaminatore. Quello che è successo dopo non si può dimenticare. I quiz erano per il ciclomotore. Una svista, un errore. Andava annullato e rifatto. Una strage. Il tipo baldanzoso accanto a me diventa furioso, banco in aria, inveisce contro tutti. Praticamente l’automobilista perfetto. Si rifiuta di sostenere di nuovo l’esame e va via. S’infila in macchina e…ah, no.
Buona la seconda. Ho fatto tre errori e a Marzo avevo la patente. Non mi soffermo sulla pratica perché c’è poco da dire. Solo che ho avuto grosse difficoltà a non far spegnere la macchina a ogni partenza. Il mio amico M. mi consigliava di partire solo con la frizione. Prima di mettere in pratica il suggerimento ho dovuto tradurlo, non capivo cosa intendesse perché non mi è stato chiaro da subito il ruolo della frizione. Frizione come fuorigioco. Ora sulla prima si è fatta luce, sul secondo brancolo nel buio. In questo percorso della pratica la mia famiglia non mi è stata particolarmente vicino. Dopo la prima guida con mio padre ero pronta alla furia verbale della strada e del traffico di Mumbai. Lui ha la patente ma non la pazienza. A sostenermi davvero solo l’istruttore dell’autoscuola. Lui lo pagavo ed era dotato dei doppi comandi. Ma non sopportavo mi chiedesse di tenere entrambe le mani sul volante.
In poco tempo sono diventata la guidatrice che sognavo di essere. Sono sveglia, ho una guida sportiva ma attenta, non porto troppo avanti il sedile nonostante abbia solo 40 cm di gambe. Guido con i tacchi senza problemi e non sopporto quelle donne che cambiano scarpe per farlo. Tengo una mano sul volante e una sul cambio, sempre. Ascolto l’automobile e non mi ostino a tenere una seconda se lei mi chiede una terza. E poi una cosa mi riesce meglio di tutto. Meglio della parmigiana di melanzane. Meglio del pollo all’arancia. Pure meglio di mangiarli questi piatti. E questa cosa è parcheggiare. Io posteggio magnificamente. E no, non a spina di pesce. Io sono maestra del parcheggio tra due macchine. In tre manovre al massimo ti risolvo un tetris che manco te ne accorgi. Ma è sempre stato così, forse perché ho imparato a guidare con un’auto che il servosterzo non ce l’aveva. Con la Lancia Delta Lx di mio padre (vedi documento fotografico) non si finiva mai di girare lo sterzo. Ero una neopatentata con bicipiti da record. E sapevo posteggiare così bene che le mie amiche quando era il momento di farlo accostavano, scendevano e lo facevo io al posto loro. Loro avevano macchine graziose da signorine, tipo la nuovissima smart ForFour. E lì dovevo dosare la mia forza bruta per gestire al meglio volante e frizione.
La prova che fossi in gamba al volante l’ho avuta in Irlanda, con la guida a sinistra. Tu, maschio scettico e malfidato, le sai prendere a primo colpo le rotonde a Dublino? Io sì. All’inizio non è stato facile, soprattutto perché guidavo il Suv della mia Hostmum con i suoi due figli a bordo. Vuoi mettere la responsabilità di quel macchinone? Mi dispiaceva danneggiarglielo. Dopo la prima settimana ho dominato le strade irlandesi con disinvoltura. Il problema è stato al ritorno in Italia: ho passato settimane a salire dalla parte del passeggero e non trovare il volante, a cercare il cambio e trovare lo sportello. A Milano sono diventata un’utente Premium del car sharing. Avventure incredibili in orari improbabili alla ricerca della macchina che all’alba mi porterà al lavoro. In tre anni ho preso solo due multe. Pare abbia percorso la corsia dei tram. Oh, ragazzi, mi sono confusa. Ero convinta di essere ancora alla guida dell’auto di mio padre.