Buoni Esami di Maturità a tutti! Ah, no.
E’ una settimana di immedesimazione e di ricordi questa. Tra pochi giorni iniziano gli esami di Maturità, quelli del ventiventi. Un anno – almeno finora – non troppo fortunato, cosa che va solo a confermare la legge di Murphy secondo cui quando riponi grandi aspettative su qualcosa alla fine questo “qualcosa” si rivelerà un grande fallimento. Ecco, il tanto atteso e celebrato ventiventi è dimostrazione di questo assunto. Anno anomalo sì, ma non è la fine del mondo perciò la Maturità s’ha da fare lo stesso. L’ hanno snellita (eufemismo) e quindi consiste nella sola prova orale. Anzi, per dirla come Lucy: un MAXI-ORALE. Se non altro sarà ricordato come l’anno del grande risparmio su penne, fogli protocollo e giga per trovare le tracce in anteprima. Su quest’ultima cosa non parlo per esperienza personale, eh. Ché io mi sono arrangiata da sola con il mio saggio breve.
Non so come saranno questi giorni prima dell’esame MAXI-ORALE di maturità, ma faccio un MAXI salto nel passato e ripenso ai miei. Anche se i ricordi non sono distinti, a fuoco, e non perché siano passati decenni ma perché si tratta di un arco di tempo troppo limitato e anche convulso per poterlo conservare nella memoria nitidamente. Io dei miei esami serbo dettagli. Ho citato Seneca nel mio saggio breve e ho avvertito di essere pronta per il Premio Strega. Ma della prima prova ancora più nitido è un altro ricordo. Siamo in attesa della consegna delle tracce e sento l’esigenza di gettare la mia gomma da masticare. Non so dove e allora chiedo a B., al banco dietro di me, di buttarla dalla finestra (sì, scusa Greta, scusa mondo, ma erano altri tempi, non mi drogavo ma inquinavo. Ora è tutto diverso). Comunque lei, compagna e amica ambientalista si rifiuta di compiere questo gesto riprovevole e la prende e se la mette in bocca. Lo so, i lettori più sensibili saranno sconcertati. Ma tant’è. E’ stata una prova d’amicizia, ma non la prima prova.
Il secondo giorno di esami mi sono ricordata del perché avessi scelto cinque anni prima il Classico e non lo Scientifico. E di questo mi sono anche ringraziata. Avessi preso le altre decisioni della mia vita con la stessa oculatezza forse avrei il conto in banca della Ferragni e sarei in lizza per la copertina di Forbes. Ma le ho prese col cul* ed eccomi qua. Niente patrimonio della Chiara ma per fortuna neanche Fedez al mio fianco e l’unica copertina su cui posso comparire è quella del mio profilo Facebook.
Ma torniamo tra i banchi di scuola. Per la seconda prova nel 2006 esce Plutarco. Poteva andare peggio, io dico che siamo stati fortunati. Ora, qui sono costretta ad aprire una parentesi sul mio rapporto con le due materie pilastro del Liceo Classico. Io a questo punto dirò che in latino e greco me la cavavo, voi leggete che ero piuttosto brava. Ma il merito di questo non è solo mio. Al Ginnasio ho avuto un ottimo insegnante, uno di quelli che ‘sto lavoro lo fa per e con passione. Uno stile antico, vecchia scuola ma impeccabile. Una capacità di trasferire il sapere, di comunicarlo cioè di metterlo in comune, che è una dote rara. Che ammiro e invidio e che mi manca. Io non riesco manco a spiegare le regole di un gioco di società senza perdermi in vaneggiamenti esistenziali. Ma so da chi ho ereditato questo difettuccio: mio padre. Quando mi rivolgevo a lui perché mi spiegasse qualcosa di matematica dovevo essere certa di avere almeno tre orette libere da dedicare a questo chiarimento. Che ne so, gli chiedevo di dissipare qualche dubbio sugli integrali? Ok. Partivamo dalle quattro operazioni. Era un attimo che mi chiedeva di contare fino a dieci per accertarsi che ne fossi capace e poter procedere con lo spiegone. E qui per la seconda volta mi congratulo con me stessa per non aver scelto percorsi scientifici. Comunque al mio professore di greco va riconosciuto un altro merito. La capacità di gratificare quelli come me. Quelli con la fame (Per saperne di più su questa mia virtù, basta leggere qui). No, non di canoscenza, fame vera, di panino con la mortadella. Aveva, infatti, l’abitudine di offrire a tutti la merenda dopo ogni compito in classe. Pur di azzannare il mio premio, vedi come ti traduco Isocrate in un’ora scarsa!
Tralascio la terza prova perché non ho mai capito a che serva veramente. E sono all’orale, al mio orale. Con onestà e senza troppa severità nei confronti di me stessa posso affermare che è stato un quasi fallimento. Che ne so, per capirci, lo paragonerei a cosa? Ah sì, alla Juventus in Champions. Fai un percorso da leone e arrivi alla fine che sei una zebra. Animale bellissimo ma destinato a soccombere davanti a una commissione famelica. Non sono stata all’altezza delle aspettative, mie in primis, ma non mi sono mai troppo crucciata per questa deludente performance. Era metà luglio ed ero lontana dal mio standard di abbronzatura, sarei sopravvissuta anche a un 99.
Questo amarcord sembrerà fantascienza per i maturandi di quest’anno. Avranno altro da raccontare e il mio pensiero non va a loro, che se la caveranno comunque nella vita pure senza esami di maturità. Io sono preoccupata per un altro motivo.
Alla fine di tutta questa storia quello che ne farà più le spese è Antonello Venditti. Quest’anno con i diritti d’autore per “Notte prima degli esami” non ci paga manco un paio di occhiali nuovi.