Il sonno perduto

Il sonno perduto

Non sono mai stata una grande dormigliona, neanche prima di avere figli che, inutile negarlo, cambiano irrimediabilmente lo stile di vita e anche il sonno. Da un giorno all’altro, il tuo dormire diventa incredibilmente più leggero: riesci a percepire anche il minimo movimento che avviene nel letto della stanza accanto, dove dormono i pargoli. Al primo “mamma”, anche solo sussurrato nel cuore della notte, ti svegli subito. Almeno a me, capita così. A mio marito no. Lui dorme alla grande tutta la notte. Non sente nulla, non percepisce nulla, neanche le gomitate che ogni tanto gli assesto per farlo alzare, anche solo per una volta.

Partendo da questo presupposto, potevo solo migliorare. Invece, il confinamento causato dal Coronavirus ha messo completamento ko il mio già precario ritmo sonno – sveglia. Ma ho scoperto di non essere sola, come già spiegato in questo articolo della nostra Giovanna Di Notte :


La cosa che più mi infastidisce è impiegare ore e ore per prendere sonno. E svegliarmi la mattina dopo che sembro la reincarnazione di uno straccio, con il pensiero di avere tutta una nuova giornata davanti.

A quanto dicono gli esperti, i problemi di sonno causati dal lockdown continueranno per i mesi a venire: “Se nella fase di confinamento, il principale motivo dell’insonnia era la paura del contagio, unita al cambio di orari quotidiani e alla minor esposizione al sole (che influisce sul ritmo circadiano, ossia il nostro orologio biologico), ora si vivono nuovi fonti di tensione emotiva: il timore della perdita del lavoro, la fobia di entrare a contatto con persone contagiose, sui mezzi pubblici o in ufficio, la prospettiva di proseguire con lo smart-working. In particolare, le donne sono le più colpite” – spiega Pierluigi Innocenti, neurologo e fondatore di Assirem, l’Associazione Italiana per la ricerca e l’educazione della Medicina del Sonno.

Va bene, le cause le abbiamo capite, ma i rimedi? Insomma, ci sarà pur qualcosa che possiamo fare. E a spiegarmelo è la dottoressa Valentina Piccarreta, psicologa e psicoterapeuta.

“Il processo fa riferimento al fatto che gli esseri umani sono animali. Pertanto, quando tu percepisci un pericolo cosa fai? Dormi? No di certo. Quando siamo “in allerta” il nostro cervello attiva un processo di risoluzione del problema ma, in questo caso il problema (l’incertezza del futuro, la paura di essere contagiati, etc), non è risolvibile, quindi si rimane come bloccati. Abbiamo vissuto il confinamento con una minaccia di morte. Pertanto si attiva in noi un vissuto traumatico che va lavorato”.

Tralasciando i rimedi dipendenti da farmaci, che comunque devono essere sempre prescritti da uno specialista, ci sono in realtà tante altre semplici cose che possiamo fare per migliorare la situazione. “La meditazione o lo yoga, per esempio – spiega la dottoressa Piccarreta – anche la psicoterapia, se si hanno altri sintomi che tendono a ripresentarsi, come gli attacchi di panico. Poi c’è lo sport che non tutti sanno, è un mezzo potentissimo per far fronte a qualunque fonte di stress”.

Passeggiata in natura

Il mio rimedio preferito però è un altro: “Un’attività in natura. Studi recenti hanno dimostrato che prendersi venti minuti al giorno per passeggiare o sedersi in un posto che ci faccia sentire a contatto con la natura, riduce significativamente il livelli del cortisolo, l’ormone dello stress”. Una pillola naturale senza effetti collaterali.

Paola Proietti

Classe '77, giornalista professionista dal 2008. Ho lavorato in radio, televisione e, vista l'età, anche per la vecchia carta stampata. Orgogliosamente romana, nel 2015 mi trasferisco, per amore, in Svizzera, a Ginevra, dove rivoluziono la mia vita e il mio lavoro. Mamma di due bambine, lotto costantemente con l'accento francese e scopro ogni giorno un pezzo di me, da vera multitasking expat.

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