Un “calcio” al coronavirus: il pallone in quarantena
Chi di noi non vorrebbe dare un calcio al coronavirus?
Tra le tante abitudini di cui il caro covid-19 ha privato milioni di Italiani e non solo, c’è sicuramente l’appuntamento con le partite della domenica (ma anche con quelle del mercoledì, del sabato, del lunedì…).
Come una storia d’amore interrotta quando meno te lo aspetti, così il mondo del pallone sul più bello ha dovuto calare il sipario su campionati nazionali e competizioni europee in corso.
Giocatori rientrati nei propri luoghi di residenza, campi di allenamento chiusi, stadi con i cancelli sbarrati, tifosi lasciati orfani della loro passione.
La pandemia non ha risparmiato nessuno. Lo sport si è fermato. Le Olimpiadi di Tokyo rinviate. Sugli schermi tv scorrono solo le immagini di vecchie partite del passato. Un assaggio per rivivere gioie, emozioni e delusioni, sopite da una quarantena che a molti è sembrato un digiuno pasquale prolungato, ad altri una pausa di riflessione per riprendere fiato dagli sfottò e dal batticuore.
Il calcio in fase due
Ora che la fase due è entrata nel vivo, però, il mondo del calcio preme per tornare in campo. Le motivazioni sono naturalmente soprattutto economiche. Il calcio italiano è un prodotto che tra diretto e indotto vale circa 15 miliardi di euro (poco meno dell’1% del PIL italiano) e uno stop comporterebbe gravi conseguenze a cascata.
Per arginare la deriva, la Serie A ha fissato la “sua” data di ripresa del campionato: il 13 giugno.
Ora la palla passa al governo, al premier Conte e al ministro Spadafora. Quest’ultimo, anche nelle ultime ore, non ha perso occasione per ribadire la sua opinione contraria sul tema.
“Una volta ricominciato, non so quando finirà, ci vorrebbe la palla di vetro”, ha annunciato dal canto suo il presidente del Coni Giovanni Malagò. Una dichiarazione che la dice lunga sull’incertezza che regna sovrana.
Intanto il 18 maggio riprendono gli allenamenti sportivi collettivi. Il primo passo di una corsa verso la normalità che appare, ancora oggi, tutta in salita. Perché, ammettiamolo, dare un calcio al coronavirus è evidentemente più difficile che darlo ad un pallone.
Qui le voci di alcuni giornalisti sportivi che hanno voluto condividere con #distantimaunite la loro opinione su una probabile ripresa del campionato: