Europa si, Italia no: scuola e genitori nella pandemia
Negli ultimi giorni gira sul web la lettera di “un mammo in quarantena”. Una missiva al Governo italiano che descrive, con toni umoristici, la disperazione di un papà alle prese con la scuola a casa:
“In questo mese e mezzo – scrive il padre disperato – ho ristudiato il neolitico, il paleolitico, le frazioni, il corsivo minuscolo, il ciclo delle stagioni. E fosse solo quello…La casa è diventata un cumulo di macerie tra panni, pongo e giocattoli e le mie figlie stanno lentamente regredendo: sono perfettamente in grado di fabbricare armi per la caccia o accendere un fuoco (in salotto) ma convincerle a studiare diventa sempre più opera da delegato delle Nazioni Unite. E vogliamo parlare delle chat di classe? Si sono moltiplicate. Dobbiamo fare i professori e anche i programmatori informatici. Noi stiamo a casa, certo, perché la salute viene prima di tutto. Ma alla salute mentale chi ci pensa? Trovate una soluzione anche per noi genitori, vi prego. E fatelo in fretta».
Un’altalena umorale che si alterna con gli sfoghi di quei genitori che, dal 4 maggio, data fatidica della Fase 2, dovranno rientrare a lavoro ma non sanno a chi lasciare il figli. Giada ha due bambine, 10 e 8 anni. Divorziata, la sua vita è sempre stata un gioco di equilibrio tra lavoro, casa e figli. Da quasi due mesi è in smart-working e riesce, tra mille difficoltà, a gestire tutto da casa. Di solito, a darle una mano sono i suoi genitori che non vede da due mesi per ovvie ragioni di confinamento e possibile contagio. Dal 4 maggio dovrebbe rientrare in azienda, fisicamente, ma le scuole saranno chiuse, i nonni ancora off limits e la legge italiana considera reato lasciare da soli i bambini sotto i 14 anni di età.
” I bambini, dove li metto”?
Questa la frase che, inevitabilmente, ha dovuto comunicare al suo datore di lavoro.
Eppure, la cosa che mi è balzata agli occhi è come il “problema scuola” sia stato affrontato, in questa pandemia globale, in modo differente da ogni Paese. Qui in Svizzera, ad esempio, le scuole hanno chiuso il 13 marzo. L’11 maggio riprenderanno. Ho paura? Un pò si, lo ammetto, ma lo vedo più come un ritorno alla normalità e loro, le mie figlie ne hanno bisogno. Così come ne hanno bisogno tutti i bambini confinati da due mesi tra le mura di casa. Non è per “parcheggiarli” , così come sarebbe facile pensare. No.
Smettiamola di considerare i genitori egoisti. E’ proprio per loro, i bambini, per la loro normalità, per loro che non devono avere paura e siamo noi genitori a non dovergliela trasmettere. Anche se al pensiero di assembramenti mi viene il panico. Loro non devono aver paura. Questo continuo a ripetermi. Così vedo quello che hanno fatto gli altri Paesi e le altre mamme.
Nidi e materni hanno già riaperto in Norvegia, dove si gioca solo in piccoli gruppi, formati sempre dagli stessi compagni. Ogni giocattolo viene lavato due volte al giorno, mani sempre igienizzate, e addirittura esiste uno spazio riservato ai piccoli che hanno bisogno di tossire.
La Svezia non ha mai chiuso le scuole perché, spiegano: “Preferiamo ricordare continuamente le misure, per evitare il contagio, insegnarle e farle rispettare anche ai più piccoli, ricordandole di giorno in giorno”.In Germania i liceali, ogni mattina, si mettono in fila fuori dalla scuola per poi sistemarsi nei banchi in totale sicurezza. Ad Hong Kong, si sono svolti gli esami di maturità con postazioni distanziate e studenti con mascherina.
In Danimarca, su classi composte da 27 allievi, sono state create tre classi da nove bambini che sono sempre insieme. Turni per la mensa e per la ricreazione e senza obbligo di mascherine. In Olanda le scuole primarie riapriranno a fine aprile; dall’11 maggio tutti i bambini avranno almeno mezza giornata di scuola e gli istituti secondari riapriranno il 1° giugno. In Francia, le scuole accoglieranno gli studenti dall’11 maggio. Prima gli alunni degli ultimi anni dei diversi cicli scolastici, poi, dal 25 maggio tutte le classi. E gli asili dall’inizio di giugno.
Mentre in Italia le scuole riapriranno a settembre ( e non sappiamo ancora come), il resto del mondo torna alla normalità o almeno ci prova, mettendo la famiglia al centro della società. Quelle italiane di famiglie invece, dovranno aspettare ancora un pò. L’ Italia non ha ancora un programma preciso: forse la scuola ripartirà a settembre; gli esami di maturità ancora non si sa come verranno svolti; la scuola on line non è per tutti e molti ragazzi non hanno accesso agli strumenti per seguirla. Il rischio di rimanere indietro diventa ogni giorno certezza. Un peso che graverà sui genitori che alla fine dovranno fare i salti mortali tra lavoro e scuola che non c’è. Gli altri Paesi intanto ci provano, mettono in atto misure, di rimanere indietro proprio non se ne parla. Una lezione che in Italia dobbiamo ancora imparare.