Il pane quotidiano
Quanti di noi in questo periodo si sono messi ai fornelli, vogliosi di imparare e di cimentarsi su qualsiasi piatto, anche se fino a qualche giorno prima la cucina fosse quella stanza dove sedersi e dire solo: “Buon appetito!”
In tantissimi hanno fatto “mappazzoni”, pizze di amianto e pani improponibili, comunque l’impegno va sempre premiato, bravi.
Io in cucina ci sono sempre stata e sapete una cosa? Continuerò a starci anche dopo la fine di questa quarantena, un po’ meno sicuramente ma sarò sempre io a cucinare per i miei cari.
In questo periodo un po’ per esigenza un po’ per pura curiosità ho rifatto il pane con tutti gli ingredienti primari che servono: l’acqua vitale per ogni essere umano, la farina frutto del lavoro dell’uomo e il lievito; metafora perfetta della crescita, la parola lievito è anche sinonimo di ciò che è capace di suscitare un sentimento, un fermento emotivo.
Ecco Il pane.
Oggi metterò a fuoco il pane e mai come in questo caso, già scrivendone il nome, si immagina appena sfornato e non c’è nessuno alimento che come esso esalta nella sua totalità i cinque sensi.
Ingrediente n.1 – VISTA
Lo sguardo si perde in ogni bolla d’aria che una lievitazione lenta e a tempi diversi ne ha creato forma e dimensione, il colore della crosta dorata dona l’invito anche al tatto perché la regola del guardare e non toccare non può esistere se il soggetto in questione è il pane.
Ingrediente n.2 – TATTO
Il tatto è un’esaltazione delle dita sull’impasto e della loro pressione che, come la schiena del proprio amato disteso su un letto, è pronto per essere sfiorato, improntato da polpastrelli che non feriscono ma che affondano con grazia come a farne un massaggio lento, mentre la pasta ad occhi chiusi attende tutto il passaggio sperandone di esserne coccolata in ogni sua parte. Per concludere con le pieghe lente e mai a caso che regaleranno la fragranza, ottima sia in lievitazione che in cottura.
Ingrediente n.3 – OLFATTO
L’olfatto annuncia che il pane è quasi pronto, l’odore ci catapulta in luoghi lontani, tempi vissuti, ci regala un passato che nessuna macchina del tempo potrà mai donarci con la stessa intensità, non serve chiudere gli occhi; la memoria è già lì rievocata e ti stravolge le pareti della cucina, ti rivedi bambina nella casa dei nonni a Roma dove il fornaio al piano terra riscaldava tutto il palazzo con il suo forno sempre attivo e che non volendo donava il buongiorno a tutti noi.
Come era possibile passarci difronte e non sorridere a Bruno che tutto infarinato veniva a salutarti staccandoti le guance con le sue mani bianche dopo che aveva lavorato tutta la notte, perché quel profumo diventasse quello del quartiere e di un’intera Via Ferrari, e quell’odore il suo miglior biglietto da visita vi assicuro.
“Il Pane dei nonni” lo chiamavo, ma infondo era il pane della vacanza, il pane di quei giorni diversi con la mia famiglia romana, e non bastava uscire da quel forno e strofinarmi la guancia dopo quel pizzicotto per portarne via la farina bianca, l’odore me lo portavo addosso, dentro, come ancora oggi.
Il profumo non ha età e non invecchia, come le foto, anzi, forse quelle un giorno ingialliranno, il profumo è proprio il compagno dei ricordi, ne è l’anima piena, il profumo dei ricordi, come quelli di mio marito che eccitato come un bimbo di 6 anni ha rivissuto l’immagine di lui e il padre di ritorno dal parco la domenica mattina mentre portavano a casa quel pane caldo, casereccio e molto “cafone” da essere strappato a pezzetti con le mani nude della fame.
Ingrediente n.4 – UDITO
L’udito è il rumore inconfondibile dello “scrocchio”, quella crosta che con coltello, mani o semplicemente fame regala la possibilità di sentirne il suono. Il rumore del pane è quel qualcosa che aumenta la salivazione, lo stesso che si sposerà ad ogni morso e per i poco educati quel suono sarà impossibile da nascondere e attutire anche a bocca chiusa, perché è come se si fosse a trasmissioni interrotte, durante un monoscopio e una sinusoide audio… il resto solo silenzio.
Ingrediente n.5 – GUSTO
Il gusto è il senso abusato, usato e profanato, quello che ci accompagna in paradiso senza perdersi, è una corsia dritta e preferenziale.
Lo usiamo come i bimbi di 5 mesi, ogni cosa passa dalla bocca, perché è l’estensione delle loro dita, qualsiasi cosa viene compresa grazie a quell’assaggio, che sia un gioco gommoso o una plastica immasticabile, ma per loro ogni estremità sarà fonte di curiosità.
Il pane appaga il gusto in ogni boccone, anche quelle briciole rimaste sul tavolo o al fondo della busta saranno invitanti al gusto e sazieranno l’animo più goloso e fintamente lo stomaco che sarà ancora affamato.
Il gusto è desiderio, come diceva un noto spot televisivo: “fate l’amore con il sapore!” Il gusto è voglia, è gola, non per niente è un peccato capitale e non per niente il pane è l’alimento di libero accesso a tutti, poco costoso ma ricco… DI VITA. Il pane è vita, si elemosina al Padre Celeste che sia quotidiano, che sia eterno. Buon Pane a tutti!