Il mio “equilibrio dinamico” nato in quarantena
Ah le nostre vecchie abitudini.
Quelle routine (a volte maniacali ammettiamolo) che tanto ci tenevano compagnia, vestendo la nostra vita pre-Covid di un’apparente perfezione, pronta poi a crollare di fronte alla prima quarantena capitata a tiro!
Cosa ne è stato delle nostre sveglie puntate sempre allo stesso orario?
E di quei gesti ripetuti ogni giorno quasi meccanicamente? (che a criticare il buon Furio di Bianco, Rosso e Verdone siamo tutti bravi, ma poi se ci pensate ognuno ha le sue abitudini dure a morire).
E delle uscite programmate con le amiche? Delle video telefonate una tantum ché: “no guarda, vado di fretta, ti mando un vocale che faccio prima” (e poco importa che poi quel vocale fosse di 10 minuti, come canta Tommaso Paradiso nella sua hit, che, tanto per gradire, vi metto qui di seguito).
Per non parlare delle serate sul divano a gustarsi una puntata di quella serie tv tanto desiderata, una eh, non di più che poi: “domattina chi si alza”.
E vogliamo spendere due parole per quei pranzi al volo della serie: “felicità, è un bicchiere di vino con un panino, la felicità”. Senza vino of course, che altrimenti dopo due minuti è già momento pennichella (un sacrilegio in tempi di “non quarantena”).
In ordine sparso, con i dovuti adattamenti qua e là, sono certa che a qualcuno di voi tutto questo starà mancando. Ma…
Se tutto questo per me esistesse già da un bel po’?
Mi sa che è arrivato il momento di svelarvi un segreto. A me questa ormai “cinquantena” o anche di più (non so nemmeno più se oggi sia venerdì, lunedì o chissà quale altro giorno della settimana) non mi ha tolto nessuna routine anzi: me l’ha regalata!
La rivoluzione
Da quando è nata mia figlia, cari lettori, sappiate che: nulla di tutto ciò che poteva essere programmato è stato più programmato. Mi sono lasciata trascinare dal suo tempo e dalle sue necessità, rimescolando le carte della mia esistenza e scompaginando ogni giorno le agende lavorative e familiari, cartacee e virtuali. Altro che diario di Bridget Jones è diventato il mio!
E quando una mia amica a volte mi chiede: “ma come fai a fare tutto?” io rispondo sinceramente che una ricetta proprio non ce l’ho. Se non, forse, quella di essermi plasmata lentamente ad un nuovo modo di vivere e pensare le mie giornate, scrollandomi di dosso il peso del “ogni cosa al suo posto”.
Ecco: se dovessi oggi descrivere la mia filosofia, complici gli innumerevoli giocattoli sparsi per tutta casa che se non guardi dove metti i piedi ti ritrovi un Lego ad attentare alla tua vita, direi che è diventata: “tutto fuori posto e niente in ordine”. Take it easy and Keep Calm (tanto per far “arrabbiare” la mia cara collega Eleonora che in uno dei suoi post ci consiglia giustamente di parlare in italiano, che è meglio).
#effettoquarantena e cambiamenti epocali
Ad agevolare questo percorso, che ad un tipo perfezionista come me è sembrato la scalata al monte Everest, sicuramente la possibilità di lavorare in Smart working, prima che diventasse la modalità di lavoro obbligatoria di una buona fetta della popolazione mondiale.
E già quel passaggio era stato per me uno sconvolgimento difficile da digerire lì per lì, vista la mia abitudine a vivere fuori casa almeno 12 ore della mia giornata (alcune delle quali perse poco allegramente sui mezzi pubblici di Roma, sulla falsa riga dell’esperienza sagacemente raccontata dalla nostra Ivana Figuccio).
Addio vecchia routine
Era tutto un correre (letteralmente) dietro al politico o allo sportivo di turno armata di telecamera (a volte) e microfono (sempre). Lunghissime dirette in piedi o attese snervanti, montaggi rapidi e poi via, un filo di trucco e…ciak si gira: “Benvenuti al Tg”.
Per marcare la differenza rispetto ad oggi (le mie sperimentazioni culinarie sono infatti una scoperta molto recente) basti pensare che io ero un tipo che la cucina la vedeva di sfuggita giusto la sera per dirle: “ciao, com’è andata la giornata”? “Bene, grazie, a domani”. Una che nel frigo aveva sempre di scorta quell’amato/odiato scatolo di bastoncini di merluzzo pronti da mettere in forno. Una a cui non potevate togliere le sacrosante sei ore di sonno e tutte di seguito, senza interruzione alcuna!
Vi verrà facile immaginare come l’arrivo di una bambina (qualcuno l’ha soprannominata Terminator, un motivo ci sarà) e il trasferimento in un’altra città, con annesse rivoluzioni individuali e professionali, mi abbia messo di fronte a cambiamenti epocali e, diciamocelo, anche destabilizzanti. Per cui addio routine e via: ogni giorno un’avventura diversa!
Il mio “equilibrio dinamico”
E solo dopo molte peripezie e qualche crisi di pianto e di nervi, ho trovato quello che il mio caro prof. Mazzei qualche giorno fa ha definito con un’espressione che prendo a prestito: “il mio equilibrio dinamico”. E sapete quando l’ho raggiunto? Proprio in quarantena!
Quando finalmente ho smesso di mettermi pressioni addosso, ecco che ogni cosa lentamente ha trovato il suo posto: il sonnellino pomeridiano di mia figlia, l’allenamento mattutino, il lavoro al computer negli orari più strampalati e nelle più svariate e scomode posizioni, il tempo trascorso in cucina a provare nuove ricette e a mettere le mani in pasta. E addirittura anche le poche e costantemente interrotte ore di sonno.
“Tutto sembra aver trovato il giusto peso”, come cantano i Negramaro, “per potergli dare tutto un altro senso”.
Le 24 ore della mia giornata sono diventate le 24 ore più produttive degli ultimi due anni. Le mie mani, così come facevano in un tempo pre-gravidanza e pre-maternità, hanno ricominciato a fare otto, dieci cose contemporaneamente. Tutte rigorosamente in ordine sparso.
E così magicamente mentre il mondo andava in lockdown io sbloccavo i lucchetti che incatenavano le mie paure. E pian piano, le lasciavo correre a perdifiato in queste giornate sospese “tra palco e realtà”. Giornate in cui a volte ho perso la percezione della realtà e altre volte ho ritrovato il senso della vita.
Finché il filo della perfezione si è dispiegato, diventando finalmente felicemente imperfetto.