C’era un prima, c’è un dopo, ci sarà un domani.
C’è un prima e un dopo nelle nostre vite, a stabilirlo un intruso dal nome in codice: SARS-coV-2. Un nemico silenzioso divenuto ormai tristemente famoso in tutto il mondo.
Abbiamo ormai superato il giro di boa dei quaranta giorni. Una soglia, che chissà per quale motivo, avevo sperato fosse molto più breve.
I virologi ci hanno spiegato che Covid-19 si presenta entro una settimana circa dal contagio. Per questo motivo mi trovo a contare quindici giorni ogni volta che devo uscire di casa per accompagnare mia madre in ospedale per un controllo. Il 10 marzo è stata operata ad un braccio per una brutta frattura. Ogni visita parte un nuovo conto alla rovescia con il fiato sospeso.
Fino ad oggi i nostri countdown sono andati a buon fine grazie al distanziamento sociale. Stare chiuse in casa non è piacevole, diviene routine lasciarsi andare ad una cantilena lamentosa, dove l’apatia e la noia sono le sorellastre cattive di Cenerentola.
A farmi rinsavire come una doccia gelata arrivano i bollettini di “guerra” dei morti, troppi. Così il disagio svanisce e lascia il posto alla gratitudine: ho potuto assistere la mia Annarella giorno e notte e portarmela a casa. Fortunatamente non erano ancora entrati in vigore le restrizioni del Governo per la pandemia con limitazioni dell’accesso dei parenti ai nosocomi.
I racconti dei figli dei malati di Covid-19 lasciati giorni senza notizie, l’amarezza nelle loro voci per non avere potuto tenere la mano ai propri cari prima dell’ultimo viaggio, e quella fila di bare portate via dall’esercito per la cremazione, non le potrò dimenticare. Mi fanno venire una voglia incontenibile di baciare ogni momento la mia mamma, anche se a volte stenta a riconoscermi sorride felice. Lei sa che ci sono e io so che c’è per me.
Era il 24 febbraio…
Riavvolgo il nastro del tempo, torno al 24 febbraio, ero ancora indecisa se festeggiare il mio compleanno due giorni dopo, ho rimandato. Si percepiva che la frequentazione di locali pubblici non era consigliabile. L’ho fatto senza troppi problemi, pensando che la prima settimana di aprile sarebbe stato bello riunire tutte le mie amiche per una serata come ai vecchi tempi. Poi mi è cambiata la vita, ci è cambiata la vita.
Ogni giorno il nostro piccolo mondo di certezze si è sgretolato sotto i colpi di nuovi contagi e nuove perdite. Per una parte dell’Italia dal centro al sud, sembrava tutto molto lontano, un film catastrofico di quelli che finiscono con un “the end” e lo zapping di rito. Ci siamo resi conto ben presto che era tutto tragicamente vero.
Davamo tutto per scontato, viaggi, cene, shopping, era tutto fruibile velocemente, mentre ora dare un abbraccio, una stretta di mano ad una persona cara, ci sembra un premio ambito.
In questi giorni di vita ritirata, fatta di video-chiamate, di mancanze fisiche, di down psicologici, di pulizie psicotiche, ma anche di una ricerca ossessiva di normalità con sessioni interminabili ai fornelli e lezioni di ginnastica on line, ci sta passando tutta la nostra vita davanti.
Facciamo bilanci, ritroviamo consapevolezze, respiriamo rimpianti, rispolveriamo sogni, tra una lacrima e un sorriso riscopriamo noi stessi. Cosa porterò a casa da questa esperienza? Lo spirito guerriero che avevo perso e il piacere inestimabile delle cose semplici. C’era un prima, c’è un dopo, ci sarà un domani.
Alessandra Pesaturo
Il miglior articolo di questo blog… inspiring
La mia vita negl’ultimi due mesi , la tua con un arrichimento in piu la tua mammad’accudire .brava Ale