La storia di Luisa: infermiera e strumentista dell’Ospedale di Cosenza

La storia di Luisa: infermiera e strumentista dell’Ospedale di Cosenza

Cosenza. Sotto i camici e le mascherine c’è il volto segnato dei medici, degli infermieri, degli operatori e dei volontari del 118 che in ambulanza, tra i corridoi delle terapie intensive, nei reparti di rianimazione, in sala operatoria, combattono in prima linea contro il Covid 19. Professionisti indispensabili, ma anche padri, madri, figli, fratelli, sorelle, amici che ogni giorno mettono a repentaglio la propria vita nella missione che hanno scelto di seguire, spesso senza gli strumenti necessari e con turni impossibili da sostenere. C’è chi li definisce eroi o angeli, gli stessi invece smorzano i toni, consapevoli di svolgere soltanto quel mestiere che amando hanno deciso di sposare. Circa 9.500 sono gli infermieri specializzati che da Nord a Sud hanno risposto “ci sono” alla chiamata della Protezione civile per dare un supporto ed un contributo professionale ai colleghi che operano nelle zone d’Italia dove si registra il maggior numero di contagi e di morti per il virus. Il numero delle adesioni è venti volte più grande rispetto alle aspettative generali. Anche la Calabria, con una sanità commissariata e al collasso in condizioni normali, ha aderito bene alla richiesta, sebbene già prima dell’emergenza coronavirus molti figli del Sud si sono formati nelle regioni settentrionali e sono stati accolti nelle strutture sanitarie del Nord, ricoprendo ad oggi ruoli importanti. Lo stesso Raffaele Bruno, il dottore che al San Matteo di Pavia ha curato il 38enne di Castiglione d’Adda, il primo contagiato in Italia dal Covid-19, è originario di Cosenza.

Questa è la testimonianza di Luisa Arnone, infermiera e strumentista del blocco operatorio unico dell’Ospedale civile dell’Annunziata di Cosenza. Mamma amata, devota alla sua professione, dopo una precedente esperienza lavorativa all’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, Luisa è rientrata in Calabria, a Cosenza, riscoprendo ai tempi del covid 19 un’insospettabile riserva di forze che, come lei stessa sostiene, emergono quando la vita ci mette a dura prova. Solitamente riservata e poco incline alle lusinghe, Luisa si racconta:

Lavorare in un Blocco Operatorio è come essere in una grande famiglia. Il personale sanitario trascorre tanto tempo insieme in sala operatoria e impariamo a conoscerci gli uni con gli altri, soprattutto in casi particolari come questo. Tutto deve essere controllato e dosato con cura. Bisogna muoversi con attenzione, devi controllare minuziosamente gli spostamenti del corpo, capire il tuo collega attraverso piccoli gesti perché indossando molti strati di tessuto e DPI vengono limitati molto i nostri movimenti ed è impossibile ‘leggere chiaramente’ il tutto senza imparare a conoscersi. I nostri sensi devono essere ‘più sensibili’ del normale, perché è difficile sentire bene con una doppia o una tripla cuffia che copre le orecchie e con gli occhialini o la visiera che non permettono di mettere a fuoco e vedere come invece naturalmente avviene. Per non parlare delle mascherine: la respirazione è difficile. Devi prestare molta più attenzione anche con gli strumenti e cambia tutto quando hai anche 4 paia di guanti per proteggere le mani; infatti il tatto diminuisce. Quando arriva la chiamata che ci annuncia che c’è da eseguire un intervento di un caso potenzialmente positivo, un po’ la paura si fa avanti, ma poi ci si guarda negli occhi e il coraggio prende il sopravvento. Insieme ci diamo forza e a quel punto il pensiero si sposta solo su come salvare una vita o comunque su come migliorarne la qualità. È straordinario quel momento in cui insieme ai colleghi ci aiutiamo vestendoci. Indossiamo l’equipaggiamento preoccupandoci di aver seguito tutto l’iter in modo corretto, evitando quindi di lasciare scoperte zone del corpo. Dopo la vestizione non puoi più toccarti o sistemati per molto tempo. Allo stesso modo, terminato l’intervento, bisogna svestirsi scrupolosamente con precisione, senza errori, per evitare di contagiarsi e diffondere il virus a casa. Ringrazio tutto il personale del blocco operatorio unico dell’ospedale Annunziata di Cosenza e tutti i sanitari che in questo momento stanno affrontando questa battaglia. Quello che stiamo vivendo è un tempo che mette tutti alla prova e ci fa scoprire forza e coraggio che neanche sapevamo di possedere. L’emergenza sanitaria ci sta facendo apprezzare ancor di più quello che di buono abbiamo in questa vita, le cose semplici, i valori umani, con la speranza e il coraggio di andare avanti per debellare il virus e vincere.

Gilda Pucci

distantimaunite

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